mercoledì 28 agosto 2013

Tevez si racconta

Carlitos Tevez ha parlato oggi a La Stampa, spiegando il modo nuovo di giocare e i cambiamenti che ha vissuto in questi primi mesi "italiani":  «Da voi è più difficile che in Inghilterra, perciò ho dovuto modificare qualcosa. La prima lezione è che in Italia non si può tenere tanto la palla, perché se salti il primo o il secondo avversario ne spunta un terzo e la prende. Un attaccante deve essere bravo nel movimento. Conte mi guida nel cambiamento: mi avrà già consigliato dieci cose che alla fine si sono rivelate esatte. Quando dissi che cura i dettagli come Ferguson lo pensavo davvero».

Il ruolo e la numero dieci: «Sono una seconda punta, perciò mi trovo benissimo nel modulo di Conte. Se dovesse virare verso un 4-3-3 invece vorrei fare la punta centrale, stare largo non mi piace, si ricevono pochi palloni e io ho bisogno di essere al centro del gioco. Per i gol dipende dai palloni che riceverò. Il ruolo non è cambiato. Forse a Manchester andavo qualche volta in più in area di rigore ma non c’è una grande differenza».

La numero dieci: «Mi hanno spiegato la storia e accetto la responsabilità di portare il 10 nel miglior modo possibile. Del Piero l’ho affrontato con il City però l’essere stato in Inghilterra mi fa pesare meno la sua ombra: laggiù anche un campione come lui contava poco, gli inglesi parlano, si interessano e conoscono soltanto chi sta in casa loro».

Tevez era stato definito come un piantagrane ma lui non è interessato ai giudizi altrui: «Do poca importanza ai giudizi di chi non mi conosce. Con Mancini ci siamo riappacificati. Sabato era a Genova ma non l’ho visto altrimenti l’avrei salutato».

I suoi trascorsi: «Ho passato 6 anni a Manchester e lì non importa che sia stato in due squadre diverse. Non è come a Buenos Aires dove mi sparerebbero se dicessi che giocare nel Boca e nel River è lo stesso, e forse anche a Torino. Ho vinto tanti trofei in giro per il mondo, sono stato campione in Argentina, in Brasile, in Inghilterra con i due Manchester. Ho avuto più alti che bassi e accetto le regole del gioco: se vinci sei un fenomeno, se non riesci ti criticano e qualche volta le critiche sono state giuste. Il compagno di squadra che ho ammirato di più è Scholes allo United. E chi dice che un giocatore così non fa sognare la gente non l’ha conosciuto».

Sul fatto di voler smettere: «Dicevo che avrei smesso a 28 anni, benché fosse un’età sparata a caso, potevano essere 27 come 30. Cosa mi nausea lo dico quando smetterò: non ero e non sono stanco degli allenamenti e della vita che impone l’essere un calciatore, ci sono altre cose che non mi piacciono e in ogni caso per tre anni non se ne parla, così come del sogno di finire al Boca Juniors: ho firmato per la Juve».

Il campionato: «La Lazio sarà una rogna perché immagino la rabbia accumulata con il 4-0 in Supercoppa. Quanto al sorteggio, per vincere la Champions bisogna essere più bravi di tutti. A noi manca forse qualcosa per essere davvero i più grandi ma dobbiamo provarci».

Inter e Milan come possibili altre squadre in Italia: «L’Inter nel 2007 mi lasciava perplesso, era una squadra che si stava formando anche se aveva vinto il campionato. Quanto al Milan, Galliani ha insistito però mi hanno detto che non aveva i soldi per convincere il Manchester City».

Sulla prima giornata racconta: «Non l’ho seguita. Dopo due giorni di ritiro, se tornavo in albergo a guardare le partite in tv, mia moglie e le mie figlie mi sbattevano fuori dalla porta».

Sul suo tweet sui gol: «Per il momento vado avanti con la maglia che porta i nomi dei quartieri più poveri dell’Argentina, quelli di cui tutti si dimenticano e io non voglio che succeda>>

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